Di recente ci è stato chiesto di spiegare cosa sia per noi
“un buon interno”.
E’ stata l’occasione per riflettere a fondo sul nostro lavoro e allo stesso tempo sulla nostra vita di ogni giorno: passiamo la maggior parte della nostra vita all’interno di edifici.
Progettare e costruire icone dell’architettura è certamente un modo per scrivere la storia e può essere un obiettivo nel caso di musei o grandi opere pubbliche, ma perde senso nel caso di spazi privati o domestici.
Secondo la nostra esperienza, un buon interno dovrebbe essere uno spazio emozionale, dovrebbe ruotare attorno a quelli che Alison e Peter Smithsons definiscono come “I piccoli piaceri della vita”. Concetti fondamentali nel nostro metodo di lavoro sono: equilibrio, carattere, atmosfera, tempo.
Un buon interno dovrebbe abbracciare, “incorniciare” ed esprimere la vita delle persone che lo abitano. Preferiamo progettare atmosfere, spazi ricchi di quello che in tedesco è chiamata Stimmung: nei nostri progetti cerchiamo di parlare di stati d’animo e memorie.
Di conseguenza, intendiamo il ruolo dell’architetto di interni come quello di un “curatore della vita privata” che deve conoscere a fondo i propri clienti, i loro bisogni, il loro lavoro, le loro passioni. Il 90 % dei nostri lavori ha a che fare con l’architettura esistente: ciò comporta lavorare continuamente con tensioni opposte, alla ricerca di un equilibrio, accostando arredi low-cost con la qualità durevole dell’artigianato, il semplice con il riccamente decorato, un carattere internazionale generico con le qualità specifiche del luogo.
Nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo assistito all’incrinarsi di alcuni tabù in favore del piacere di rompere le regole e di creare nuove contraddizioni. Per questo motivo miriamo a creare spazi eterogenei, combinando oggetti e materiali di periodi e stili differenti, lavorando con tensioni opposte e equilibri delicati.